Il baritono Simone Piazzola è uno dei grandi nomi della lirica odierna. Inizia giovanissimo, nel 2004, con alcuni concerti all’Arena di Verona, e nel 2005 debutta ne Il Re di Umberto Giordano. Dopo i primi esordi comincia una carriera intensa che lo porta ad esibirsi nei maggiori Teatri mondiali e a vincere il Premio Bastianini nel 2017.
Lo raggiungiamo telefonicamente a Palma di Maiorca dove è attualmente impegnato nelle recite della Traviata con la regia di Hugo De Ana. Una produzione che in questi giorni ha fatto parlare di se perché il regista è stato protestato, colpevole, secondo il Teatro, di aver violato il protocollo di rischio psicosociale dell’istituzione.
Di fatto una serie di regole che individuano il comportamento corretto da adottare durante la lavorazione di un’opera.
Ma cerchiamo di capire meglio cosa è successo.
La voce di Piazzola mi accoglie con tono bonario al di là dell’altro capo del telefono. Riesco persino ad indovinare il sorriso sul suo volto. La prima domanda è d’obbligo.
Innanzitutto come stanno procedendo le prove di questa Traviata?
– Bene bene. Ieri abbiamo fatto la prova Generale. C’è stato il tutto esaurito a teatro. Praticamente è stata una recita vera e propria ed è piaciuta molto nonostante tutto quello che è successo negli ultimi giorni e che non è stato piacevole per nessuno.
Il colore di voce si adombra e traspare un po’ di amarezza.
– Andare in scena senza un regista ci ha sottoposto ad uno stress aggiuntivo e ad una condizione morale difficile perché di fatto ci è mancata una guida. Dobbiamo ringraziare i due Assistenti, Michele Cosentino e Nathalie Deana che sono riusciti a prendere in mano le redini e a risolvere tutti i problemi registici riuscendo così a portare avanti lo spettacolo.
Sappiamo cosa hanno scritto i giornali riguardo alla vicenda, ma puoi dirci cosa è successo realmente?
– Cominciamo subito col dire che quello che è uscito sui giornali non corrisponde alla realtà dei fatti. Io personalmente non sono mai stato offeso, non sono mai stato chiamato handicappato dal regista Hugo de Ana così come hanno scritto. Fin quando io sono stato presente alle prove non ho mai visto un solo atteggiamento sbagliato o offensivo. E non ho mai visto un abuso di potere nei confronti di nessuno.
Nessuna parola pesante?
– Certo, chiariamo… Quando c’è da spiegare un personaggio, può capitare che si usino certi termini…Diciamolo. Violetta e Flora sono due donne di mondo, non è irrispettoso dire che facevano il lavoro più vecchio del mondo. E’ una realtà. Ma se c’è stato l’uso di qualche vocabolo un po’ forte era in ogni caso rivolto al personaggio e non all’interprete. Ecco. Da li a dire che il regista ha offeso qualcuno ce ne passa. La verità è che non ha mai offeso nessuno. E’ stato sempre molto corretto, molto gentile. E stato anche molto disponibileintutti quei momenti in cui noi cantanti avevamo bisogno di capire meglio la sua prospettiva dei personaggi. Credimi, finchéc’è stato lui abbiamo lavorato benissimo.
Quindi perché il regista è stato protestato secondo te?
– Non ho una risposta da darti, ma ti posso assicurare che io non mi sono mai lamentato del regista. Tra l’altro ho lavorato altre volte con lui. Ho fatto “Il trovatore”alla Scala.Lo conosco da tanti anni e ho sempre lavorato benissimo sotto la sua direzione registica. Mai nessuno di noi artisti protagonisti si è lamentato di lui. Ne come lavorava, ne come si comportava…MAI, MAI, MAI. Insomma, non so che dire a parte che io ti posso assicurare che non c’è stata mai, e sottolineo MAI, nessuna offesa nei miei riguardi e che ho sempre ammirato e rispettato il lavoro di Hugo de Ana.
Come definiresti il clima di lavoro ?
– Decisamente sereno. Abbiamo studiato a fondo il carattere dei personaggi e cesellato tutti gli aspetti così come sa fare Hugo De Ana. Quindi un lavoro intenso, complesso ma in un clima disteso . Pensa che finite le prove andavamo a prendere il caffè insieme al regista quindi quello che è successo ci ha colti veramente di sorpresa. Da un punto di vista artistico il suo allontanamento è inspiegabile.Non sono mai stato offeso, anzi, ti posso dire di più. Ci sono stati un paio di giorni in cui io non mi sono sentito bene…se fosse stato quel mostro che descrivono non mi avrebbe telefonato per sapere come stavo, ripetermi che dovevo stare tranquillo perché mi aspettava in quanto sa bene come lavoro. Insomma, il nostro rapporto è sempre stato di rispetto e di stima reciproca.
Accantoniamo questa vicenda e parliamo invece del tuo lavoro. Ho notato che le tue interpretazioni sono molto approfondite. Ad esempio il tuo Giorgio Germont non è mai un personaggio piatto.
– Certo che no. E’ ricco di chiaroscuri. Da tutti è visto come un cattivo, ma non si può ridurre a questo. Ne ho parlato anche giorni fa con Hugo de Ana per trovare il modo giusto di approcciarmi al ruolo. Mettiamoci per un attimo nei panni di quest’uomo che viene a sapere che il figlio va con una prostituta esubito pensa al peggio. Non conosce Violetta, non sa nulla di lei a parte cosa fa per vivere.E per questo quando la incontra all’inizio è ben deciso a distruggerla.Poi però capisce che di fronte a se non ha una poco di buono, ma una donna. Più che cattivo è un padre che ha a cuore la sorte della propria famiglia del quale vuole difendere l’onore. Un valore che a quei tempi era molto più importante rispetto ad oggi.
Vai sempre a fondo alla ricerca della verità del personaggio?
– Certamente. Ad esempio, lo stesso ruolo del Conte di Luna non è così bidimensionale. E’ vero, fa delle cose crudeli, ma ciò che mi devo chiedere io, come artista, è: “Perché si comporta in questo modo?Perché è così feroce con Manrico?” E la risposta che mi sono dato è che si tratta di un uomo deluso dall’amore. Lui ama Leonora ma se la vede portata via da sotto gli occhi dal rivale, e a quel punto è normale che diventi furioso. Quello che faccio io è scavare nell’anima dei personaggi e portarla in superficie.
In questo lavoro di approfondimento sei supportato dal regista? Avete un dialogo? Trovate un compromesso tra i diversi punti di vista?
– Capita molto di frequente di dialogare a lungo con il regista per trovare la giusta cifra del personaggio. Cosa che è successa ad esempio con Hugo de Ana. Si tratta di scambi di idee costruttive che servono davvero a inquadrare il personaggio in quella determinata recita. Mi è successo lo stesso con Ferzan Ozpetek quando ho lavoratonella traviata del San Carlo di Napoli. Lo stesso mi è accaduto con Pier Francesco Maestri ne La forza del Destino a Salernocon il quale abbiamo dialogato a lungo per portare avanti una scelta condivisa. Capita poi di incontrare quei registi che invece hanno una loro visione dalla quale non ti puoi allontanare e a quel punto ci si adegua.In questo caso sta alla bravura dell’artista riuscire a far aderire il personaggio alla visione del regista.
Il prossimo anno festeggi i 20 anni di carriera e scorrendo la tua storia noto che hai un repertorio che va da Giordano a Puccini, passando anche per Bellini ma soprattutto tantissimo Verdi.
– Si, io mi sento molto comodo in questo repertorio, anche perché ho avuto la fortuna di avere come prima insegnante il soprano Alda Borelli Morgan che mi ha direzionato verso questa strada consona al mio mezzo vocale.
Quanto è importante dunque un buon Maestro?
– E’ di importanza vitale e non è facile trovare un buon maestro di canto che sia anche un po’ maestro di vita. Uno capace di introdurti alla lirica sotto ogni aspetto. Ecco, la mia prima insegnante mi ha dato la tecnica ma mi ha insegnato anche come rapportarmi con i colleghi, con il direttore di Orchestra.Poi quando ho vinto ilconcorso di Spoleto ho avuto la fortuna di incontrare il Maestro Bruson e con lui ho potuto imparare come si fraseggia,quali sono le caratteristiche del legato Verdiano. Ho preparato il ruolo de Il trovatore con lui, e anche di La traviata. Infine ho avuto come insegnante Giacomo Prestia eanche lui mi ha dato dei consigli per perfezionarmi. E ora vado avanti su quella linea che, una volta sbocciata, è diventata la mia linea di canto naturale e comoda, e che ho costruito con tanto studio e tanti accorgimenti tecnici. Ora cerco di mantenere quello che ho imparato da questi tre grandi Maestri.
C’è un personaggio che sogni di interpretare?
– C’è più di qualche personaggio che mi piacerebbe ancora affrontare. Ci sono tre titoli in particolare che per un baritono significano un punto di arrivo: il Nabucco, il Macbeth e l’Otello. In particolare mi affascina il ruolo di Jago. Ecco, questi sono i tre ruoli che sento adatti a me e che penso a breve di poter affrontare. Io, come vedi, cerco di andare molto cauto con il repertorio, cerco di fare i passi giusti. Diciamo che sono sempre stato prudente e che finora mi sono tenuto in una zona confortevole per la mia vocalità perché se uno vuole preservare il proprio dono deve stare molto attento ai passi che compie. Però ora sento che la voce è pronta per quei personaggi.
Ho già fatto Simon Boccanegra e quel ruolo è già improntato a quel tipo di vocalità. E poi li sento ruoli miei. Trovo un affinità con questi personaggi. Sento di poterli caratterizzare al meglio non solo vocalmente. Un altro dei miei sogni in futuro sarà per me cantare Gerard dell’Andrea Chénier. Sto già cominciando ad introdurre le arie nei concerti, nei recital, e ti devo dire che riscuoto molto successo quando lo canto. Gerard è un personaggio deluso dalla vita, deluso dall’essere umano. E’ un uomo complesso e a me piace scoprire cosa lo muove. Non si può vedere solo il brutto senza cercare di capire. E, come ti ho già detto, a me piace fare questolavoro: scavare a fondo per comprendere bene la psiche dei personaggi che porto in scena.
Quali sono i tuoi prossimi impegni?
– Prossimamente sarò a Cluj-Napoca all’Opera Nazionale in Romania per il Rigoletto, sarò in Arena per l’Aida con la nuova produzione di Stefano Poda, diretto da un grande amico e un grande artista che è Marco Armiliato, e poi sempre in Arena questa estate farò la Traviata. Dopodiché sarò impegnato con il Rigoletto a Malta con la regia di Enrico Stinchelli, e a Dicembre farò il Ballo in maschera al teatro filarmonico di Verona diretto dal Maestro Francesco Ivan Ciampa. Ho delle date ad Amburgo per Butterfly e Falstaff a Liegi, e poi prenderà avvio la stagione del 2024 che è ugualmente molto intensa.
A proposito del 2024 ho cominciato a dare un’occhiata e ho visto che hai in programma due debutti importanti. Guglielmo ne “Le Villi” e De Siriex nella “Fedora”.
– Si, soprattutto il personaggio di Guglielmo ne “Le Villi”è per me importante in quanto si tratta di un doppio debutto. Debutto sia il ruolo ma anche il teatro. Pensa che in quasi venti anni di carriera non avevo ancora cantato al Teatro Regio di Torino, eadesso è arrivato finalmente il momento di farlo. Poi la cosa è ancora più bella perchè cade nell’anno in cui si celebra il centenario dalla morte del Maestro Puccini. Ti dirò che Le Villi è un’opera che non vedo l’ora di interpretare. Guglielmo è un personaggio che mi incuriosisce molto. E’ un personaggio che sto cominciando ad affrontare e definire perché voglio arrivare a quest’opera pronto sotto ogni aspetto. Invece debutterò De Siriex a Piacenza, un teatro che conosco bene.
Ho visto che hai in programma una Master Class che si terrà il 22 Agosto in via Donadelli a Verona. Cosa ti spinge verso l’insegnamento?
– In realtà non mi reputo un insegnante di canto e non voglio esserlo. Nel senso che sono un cantante in carriera e per il momento mi concentro su questo. Per ovvi motivi di tempo e impegni non posso accompagnare un cantante in tutto il suo percorso. Tuttavia cerco di venire incontro a tutti quei giovani studenti che mi chiedono di essere ascoltati, che hanno bisogno di un consiglio, che vogliono essere indirizzati e anche conosciuti, e così una volta o due all’anno cerco di ritagliarmi qualche giornata per concedermi a questi giovani. Io credo che sia importantissimo scommettere sui giovani,scoprirequalche voce meritevole, farla ascoltare dal mio agente o da qualche agente amico che io conosco, e poter dare un consiglio sul percorso da intraprendere. Questo mi rende felice.Alla Master Class insieme a me ci saranno il tenoreSimone Zampieri, e il Maestro Giuseppe Vaccaro, pianista e Direttore d’orchestra che è il mio compagno di avventure in giro per il mondo. Sarà lui a spiegare come si approccia lo spartito, come si studia un’opera, quali sono i gesti e i segnali importanti da capire nel dialogo con il direttore d’orchestra. Insomma, non si parlerà solo di tecnica vocale ma saràun discorso a 360 gradi su tutto il mondo della lirica.
Hai affermato che nella lirica i giovani sono importanti, ma sappiamo bene anche quanto difficile sia questo mondo. Cosa consigli ad un giovane desideroso di intraprendere la carriera del cantante?
– La prima cosa che gli direi è di studiare. Sembra banale ma il consiglio è questo: “Trova la persona giusta che ti aiuti a cantare bene e a sviluppare tutte le tue potenzialità.” E non è facile trovare un Maestro bravo. All’inizio bisogna andare per tentativi. Capire come risponde il fisico e la voce agli insegnamenti. Se finita la lezione sei afono vuol dire che gli esercizi sono sbagliati. Si sente spesso dire: “ Se esci dalla lezione senza voce è normale perché è come se fossi andato in palestra.” No, in realtà non è così. Un buon Maestro deve insegnare la tecnicagiusta e le posizioni che aiutano a far star meglio la voce, non a stancarla definitivamente. Queste sono le prime cose che le direi. E poi è necessario scegliersi bene l’entourage. Ad esempio è importantissimo essere affiancati da un pianista che insegni bene come si legge uno spartito dando grande importanza non solo alle note musicali ma a tutte quelle annotazioni che ha scritto il compositore e che caratterizzano la giusta interpretazione.
Quanto è importante la disciplina?
– Molto. Uno studente che comincia a studiare canto deve imparare uno stile di vita adeguato. Quando il giorno dopo c’è lezione non deve andare a letto tardi. Deve fare riposo vocale dopo la lezione. Deve anche cercare di risparmiarsi nella voce anche nel parlare perché anche questo è comunque uno stressperle corde vocali che sono piccolissime e hanno un carico di lavoro pesantissimo
Non è un lavoro facile. Inoltre il cantante è sempre soggetto al giudizio del pubblico. Quanto incide questa pressione psicologica?
– Cantare non è certo quel tipo di lavoro che ti distrugge fisicamente ma mette tantissimo alla prova l’equilibrio psichico perché la tensione di cantare di fronte a migliaia di persone non è uno scherzo. E’necessario avere dei nervi saldissimi o si finisce con il non riuscire a reggere lo stress. Raggiungere un equilibrio è fondamentale e richiede un grande lavoro su se stessi per assicurare lo spettacolo ogni serata. E’ un lavoro di grande studio e disciplina, ma lo si fa perché prevale la passione. E nel momento in cui sono soddisfatto di ciò che ho dato sul palco smetto anche di chiamarlo lavoro. A quel punto riconosco di essere fortunato a poter fare ciò che amo. Io ho reso la mia passione uno stile di vita. Questo non significa che dietro il successo non ci siano sacrifici e sofferenze. La nostra è una vita di lunghi viaggi, tanta solitudine, siamo spesso lontani da casa per tanto tempo. Non è facile e spesso la notte diventa veramente tanto lunga da far paura. Certe volte vorrei che fosse sempre giorno. Ma secondo me è la giusta cifra da pagare per poter fare ciò che si è sempre sognato. E quando fai ciò che ti piace allora puoi dire veramente di fare il lavoro più bello del mondo.